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29 giugno 2011 3 29 /06 /giugno /2011 08:40

Note critiche di Maria Adelaide Petrillo

 

L’ASSOLUTO PERFETTO

di

NINNJ DI STEFANO BUSA’

 

 

Per chi alla preghiera si accosta per consuetudine, scelta, aspirazione interiore, o per chi è alla ricerca di una luce che non sia offerta dalle modalità tradizionali, quest’opera di Ninnj Di Stefano Busà è fonte di arricchimento inestimabile.

Riscoprire meditando il valore del “kalòs kai agathòs”, nella nostra società corrotta, caotica e distratta, è riappropriarsi del tempo (non del krònos, ma del kairòs) che si fa goccia di eternità.

Parlare “di” Dio, parlare “a” Dio, parlare “con” Dio, parlare “per” Dio … Allora il poeta diventa profeta: La poesia di Ninnj Di Stefano è preghiera e la preghiera si fa poesia mistagogica: ci prende per mano e ci conduce fino alla soglia del mistero; così, tolti i calzari, perché là oltre è terra sacra, possiamo entrare nel segreto e rimanere muti  (immobili nell’adorante atteggiamento dello “stabat mater”), ricercando nel cuore risonanze di quest’armonia: “solo la fede erompe come un tuono” “Sento ardere l’incenso all’altare/sciogliere come cera al sole la mia indifferenza”

Ninnj Di Stefano, in certi passaggi, riecheggia con lo stesso vigore i versi di David Maria Turoldo, il quale in una sua poesia innalza il suo lamento: “ I poeti non hanno più canti, non un messaggio di gioia, nemmeno una speranza …” e invece ecco la poesia della Busà che ci dona un canto puro di speranza.

C’è nei Suoi  altissimi versi una fede che si fa umile e povera, una fede orante,  che acquista un forte potere catartico.

Questi versi non hanno il sapore di un impulso improvviso, ma scaturiscono da una macerante ricerca interiore. C’è un “legere” (andare in cerca) la Parola che ha il sapore della “lectio divina” appresa alla scuola dei monaci  (nella primaria forma di Guigo Certosino) con una lenta “ruminatio” con un passaggio che si innalza dalla “meditatio” fino alla “contemplatio”: è un salire che conduce più su alla “Gloria di Dio”

“Vertigine d’attesa” “Dio è vivo, ha resistito alla necessità della morte/ per ampiamente rinascere all’eterno”

E qui siamo nella teologia pura, cara a Papa Benedetto, il quale, alla necessità del Cristo di morire, dedica intense riflessioni nel suo “Gesù di Nazareth”

Ninnj Di Stefano scrive questi versi con la consueta maestria ed efficacia poetica, ma in quest’opera c’è un tocco in più che la pervade e raggiunge una misura alta del suo “poiein”, perché è presa misteriosamente dall’Amore di Dio che Le fa dono di esprimere l’ineffabile: ciò che le parole non sanno né possono dire:

Ti sento,/ oh, se ti sento essenziale, inaffondabile/ palpitante abbraccio delle stelle…

“fammi degna della tua infinità”

“Dacci la parola che ci disveli/ l’erba secca ha bisogno di rugiada”

Da questo “Assoluto perfetto” possiamo tutti attingere gocce di rugiada che ci aiutino un poco a placare la sete di Dio che tormenta l’animo umano.

La poesia fa bene al cuore e all’intelligenza, la sua metamorfosi in preghiera, dalla zavorra del quotidiano sopravvivere, ci solleva “su ali d’aquila”, ci fa volare nell’immenso e respirare l’infinito.

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