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7 giugno 2011 2 07 /06 /giugno /2011 09:32


La “luce” di Ninnj Di Stefano Busà

Roberta Degl’Innocenti
Firenze, 16 marzo 2011

Mercoledì 16 marzo 2011, presso l’Auditorium della Cassa di Risparmio di Firenze in Via Folco Portinari n. 5, si svolto l’incontro del mese di marzo che prevedeva la presentazione del libro di poesie Quella luce che tocca il mondo di Ninnj Di Stefano Busà.

Relazioni critiche, per questo importante evento, di Lia Bronzi, Presidente della Camerata dei Poeti, Duccia Camiciotti, Vice Presidente e Carmelo Consoli, Segretario. Letture dell’attore Andrea Pericoli.

La poetessa Ninnj Di Stefano Busà e Lia Bronzi, Presidente della Camerata dei Poeti.

Un breve cenno biografico su l’Autrice:

Ninnj Di Stefano Busà, poeta, critico, giornalista, saggista è una delle figure più rappresentative del panorama letterario femminile di oggi. Si occupa di Estetica e Storia della Letteratura Italiana. Ha tenuto per molti anni corsi di Poetica presso l’Università Terza di Milano. Ha pubblicato diciotto libri di poesie, altri di critica letteraria e saggistica. Ha conseguito numerosi e prestigiosi premi dell’agone contemporaneo nazionale. Le sono stati assegnati riconoscimenti alla Cultura ed è stata storicizzata nella Grande Enciclopedia Letteraria in 8 volumi per i Licei e le Scuole Superiori dell’Editore Simone. Recentemente, per i suoi meriti culturali e per aver diffuso la Poesia nel mondo (Brasile, Argentina, Stati Uniti, Europa, eccetera), è stata insignita del Premio alla Cultura assegnatole dall’Amministrazione del Comune di origine: Partanna (Trapani).

All’inizio della serata, come d’uso negli incontri mensili, vengono chiamati a leggere uno o due poeti con un loro testo. Nel pomeriggio dedicato a Ninnj Di Stefano Busà sono state lette due poesie da Martina Donati e Lenio Vallati, rispettivamente dai titoli Parola sei ed Essere vento.

Nel corso del pomeriggio era stata allestita l’esposizione di tre ritratti, dipinti da Mara Faggioli, anche poetessa e scultrice.

da sx: Andrea Pericoli, Lia Bronzi, Ninnj Di Stefano Busà e Mara Faggioli.

Lia Bronzi ha esposto un ritratto molto bello e significativo di Giuseppe Garibaldi, in occasione dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Di seguito la storia del ritratto:

Il ritratto di Garibaldi, realizzato con nome e cognome dei componenti “L’Association d’Ancienns Volontaires et Resistants Garibaldiens”, dall’artista Matt, come da firma, riporta tra gli altri il nome di Palmiro Togliatti, Mario Romagnani, aretino, con la moglie Madaleine Bernard (decorata con la Commenda della Repubblica Francese), Donati Luciano e Tullio, Anita Garibaldi, Cavallini Angela e Lina, Mario Angeloni, Carlo Rosselli, e molti altri ancora, notissimi e meno noti. Tale ritratto è stato donato a Lia Bronzi da Madaleine Bernard, da parte della prestigiosa associazione, per meriti acquisiti culturalmente.

Il ritratto di Giuseppe Garibaldi.

Roberta Degl'Innocenti mentre legge una poesia dal libro.

Lia Bronzi, Presidente della Camerata dei Poeti, si è poi espressa per prima sull’opera di Ninnj Di Stefano Busà: …(…)… Martin Heidegger si chiede nei suoi “Sentieri interrotti”: “A cosa servono i poeti?” e rispondendo ad Hölderlin dice che con la poesia si rompe il silenzio dell’essere, per cui, in tal senso, il poeta ha qualcosa del profeta biblico, poiché, come Mosè brucia il suo rovo ardente senza mai consumarsi in quanto ispirato dallo spirito divino. Così ci appare Ninnj Di Stefano Busà, nella raccolta Quella luce che tocca il mondo, poiché essa nasce da una genuina tensione interiore che si esplica catarticamente in poesia, sia per forma che per contenuti. L’autrice infatti possiede, come in altre opere del resto, un andamento sapienziale ed elegante assieme ad un sentimento commosso e trattenuto che va ad intrecciarsi con un percorso spirituale ed una voluta ricerca esistenziale atte a realizzare un’opera di elevato spessore poetico. Non manca nella raccolta un malinconico e gioioso ritorno al passato colto nel profumo inconfondibile della terra delle proprie origini del suo esprit della sua rigogliosa natura. Alludo ad espressioni come: “…. agosto incendiava gelsi e more…” oppure come “…respiro lento di fiumi a segnare tratturi….” ed anche quando i riferimenti paesistici sono rivolti a località più nordiche, è uguale il modo sensibile di avvertire la natura, quasi carnale a tratti. Tuttavia ciò che si avverte di più nella raccolta è la dimensione profondamente religiosa, al di là e al di sopra delle iperboli emotive. Malgrado ciò i versi fluiscono sempre e comunque nella dimensione lirica che si effonde nella parola, fino ad essere linguaggio di Dio, con il quale si vuol celebrare la giustizia, la bontà e la gloria. Ed è così che fra aspettazioni e presenze, ansia di spazi altri che si confrontano spesso con le strettoie della realtà, in cadenze ed assonanze di preziosi accostamenti di parole, che fluiscono versi che catturano veramente “Quella luce che tocca il mondo”.

Dopo le parole di Lia Bronzi è stata chiamata a leggere alcune poesie Roberta Degl’Innocenti, scelte dal libro in presentazione. Roberta, amica di Ninnj, ha ricordato il loro primo incontro a Basilea, gli amichevoli contatti, e la presentazione fatta da lei stessa per Ninnj e Sirio Guerrieri alcuni anni fa al Caffè Storico Letterario Giubbe Rosse, insieme a Lia Bronzi …(…)… il ricordo di Sirio è dolcissimo, ci aiuta e ci guida nel cammino, mi pare sempre di vederlo mentre sale sul treno e ci saluta con la mano. Grazie Sirio …(…)… Dopo questo commovente e doveroso ricordo di Sirio Guerrieri Duccia Camiciotti, Carmelo Consoli si sono espressi nelle loro relazioni critiche, intervallate dalle letture di Andrea Pericoli.

Di seguito alcuni passi delle due relazioni:

Duccia Camiciotti: Iniziare subito dalla sensazione penetrante (e non concetto – dico io – perché il lirismo in qualche modo sfronda il pensiero e i contenuti in genere, pur questi ben presenti) dell’Assenza. E con questa parola non intendo né il niente, né l’impalpabilità (pur essendo essa presente nel melodioso sfiorare il tutto come delicato tocco su tasti di pianoforte classico), né tantomeno l’inesistenza d’una tematica sia pure inerente il singolare melodioso climax lirico. Quello che ho percepito, dato che questa fascinosa lirica tocca, in ciascuno, le corde più singolari dell’anima, è quasi una nostalgia, un rimpianto un desiderio disperato se pur dissolto nel dubbio. Di penetrare fino in fondo, fino all’ultimo il significato delle cose, che pure non presentano, al dispiegarsi del ragionamento, una risposta esaustiva. Come mai – si potrebbe chiedere l’Autrice – questo elemento così bello è anche tanto misterioso, e si nasconde alla mia analisi ultima. Per questo, forse, io insisto nel SENTIRE, nel descrivere e basta, nell’evocare e nel chiamare, perché non posso fare altro. Ma questo è solo il dialogo che ho immaginato fra Ninnj Di Stefano e le sue contemplazioni concrete, le COSE insomma …(…)… . E’ un’assenza più plausibilmente avvertita come un ALTROVE di difficile, per noi, decifrazione. E’ certo che nel cosmo tutto è simile ma niente così scrupolosamente uguale, e pertanto ciò che ritorna, nella sua stagione, non si ripete in senso assoluto, ma si riproduce, e l’accettare il fenomeno, il nominarlo e decantarlo tramite la PAROLA diventa una coraggiosa sfida al VUOTO …(…).. Si considerino alcuni vocaboli tratti da titoli che conferiscono l’esistenza, la vita, alle rispettive evocazioni naturali o astrattamente e profondamente umane, quali, ad esempio, “riverbero alato”, “distanza”, “stelle”, “notti”, “viburno”, “cencio bianco”, “mare”, ”crepe”, trafittura, celestrità, criniera, ambrosia, tempo, magia,frangiflutti, assenzio, cristallo, rubino, onda,virgola,vento, etc., ci accorgiamo di quale spazio immenso essi racchiudano, di quanta possibilità d’estensione di senso, di superamento quasi metafisico. Non che qui la metafisica sia a bella posta esemplificata, no, ma è quasi immanente nella preziosa, levigata e contenuta lirica, Alla specie di ripetizione duemilistica e cosmica del monologo amletico, i termini da “Essere o non-essere” si trasformano in “esplodere.implodere” e non è che questa seconda versione risolva granché per tutti coloro che cercano un senso preciso e circostanziato alla vita …(…)…. La Camiciotti ha poi proseguito definendo, quella di Ninnj, magistrale poesia. …(…)… Una prima chiave di lettura, tuttavia, potrebbe essere contenuta nelle concordanze, nelle occasioni, nelle condizioni temporali terrestri necessariamente mutevoli e non certo assolute. Come in una sinfonia le note si combinano, si corrispondono, s’intrecciano così le parole, nella sinfonia del tutto, un tutto (e non a caso scrivo questa parola con la “T”minuscola) segnato irrevocabilmente dalla Luce verso la quale è stabilmente proteso. Luce biblica, neo platonica-ellenistica, luce pitagorica, aeropagitica (vedi Dionigi l’Aeropagita), luce degli stiliti del deserto, quanto di San Francesco, di Dante, Luce-logos, luce Luziana (nel “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini”), pienezza ontologica minacciata e perduta di cui la nostra poetessa cerca di riappropriarsi, sia pure con sofferenza liricamente pacificata. Quello che la filosofia non può certamente può l’Arte!  Leggi la relazione integrale...

Duccia Camiciotti nel corso del suo intervento e Carmelo Consoli.

Carmelo Consoli: Partiamo subito da una affermazione e cioè che questo libro ha una sua logica ed una sua unità nel porsi come prevalente considerazione filosofica -esistenziale sui contenuti vitali che non ha velleità di risposte dottrinali ma unicamente continue esplorazioni tra stagioni di luce e consapevolezze di assenze, esili, silenzi. Vuole essere quotidiano resoconto di un vivere tra presenze amare e ritorni edenici nel tentativo di illuminare il significato dell’esistere, condotto con estrema spoliazione di sé e coscienza dei limiti umani. Rappresenta in tal senso uno scavo profondo sul percorso e sul mistero della nostra vita. Basterebbe, del resto, dare una rapida scorsa ai titoli delle singole opere per rendersene conto. Poetica fluttuante tra la percezione del finito materiale e dell’infinito oltre, (oltre la metamorfosi per citare sue parole), condotta con lucida consapevolezza attraverso una meditazione profonda, sofferta, una confessione che è canto dolce e aspro dei contrasti, lirica di nostalgie e stridori assieme al richiamo di una fede, che colmi per dirla coni suoi versi “quella insostenibile distanza dal cielo” di cui scrive: ”c’è solo da immaginare la virtù degli angeli, le loro ali, le ninne nanne di un coro di bambini”. …(…)… Una incredibile ampiezza delle interiorità scandita dal termine “Tempo” che è interprete “primo attore” della raccolta nelle sue sfaccettature varianti dall’attimo lucente, dal minimo salvifico dettaglio, da un solo giorno d’idillio, a tutto il resto che è vuoto intorno, nella sua comprensione esaltante e dolorosa. Lirica che si mostra corposa, palpabile nelle fragranze, nelle presenze in cui si agitano dentro con pari bellezza il viburno, le mortelle, oppure il rezzo, le ginestre avvampanti, o i gelsi, i melograni, le cicale sempre attenta alla ricerca della parola nel suo massimo contenuto espressivo, all’essenzialità del significato e del significante sapientemente condotta sul piano metrico con una linguaggio raffinato, icastico, con l’utilizzo di similitudini inedite, aggraziate componenti metaforiche, enjambements, piacevoli assonanze e allitterazioni …(…)…. Vi sono in questa poetica molte sintonie sia con il pensiero quasimodiano che con quello ungarettiano per le tematiche inerenti il tempo reale e metafisico, per il riscatto al vuoto universale, ma anche uguaglianze alla poesia di Mario Luzi per l’apertura a Dio e alla fede. Mi avvio alla conclusione con una riflessione sulla prefazione al libro e cioè che questa si pone come splendido, ideale corollario alla bellissima raccolta, in quanto realizzata dal’illustre Emerico Giachery che dall’alto delle sue opere e tra tutte quel mirabile saggio titolato “ Abitare poeticamente la terra” ha colto come pochi altri avrebbero saputo fare la valenza del segno luminoso emergente dai versi, lui che del nutrirsi d’armonie e di poesie d’anima ha fatto il suo modus-vivendi. Giachery ci riporta dunque inevitabilmente alla poesia e la poesia della Busà al poeta che lei stessa lucidamente definisce: “grido di sciacallo, pelle d’angelo, fiore pesto, infinito barlume della luce che tocca il mondo”. Leggi la relazione integrale...

L’autrice, visibilmente contenta, ha ringraziato i relatori, Roberta ed il pubblico presente dal quale sono intervenuti con pareri favorevoli: Anita Tosi, Anna Balsamo Vice Presidente Emerita della Camerata dei Poeti, Anna Maria Guidi, scrittrice e saggista, Clotilde Vesco, scrittrice.

Una serata di successo, qualità e suggestioni poetiche insieme a Ninnj Di Stefano Busà ed alla sua pregevolissima raccolta.

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