di Ninnj Di Stefano Busà
Dove il Dio viene completamente escluso e ignorato c'è la crisi d'identità, la frattura spirituale di chi non si accontenta solo di essere nel mondo, ma si chiede qual'è lo scopo, quale il luogo di arrivo, da dove viene, dove va.
Tutte domande scomode oggi che la spiritalità non ha modo di esprimersi, non ha diritto d'asilo in nessuna parte del pianeta e la crisi globale ha coinvolto le generazioni del post-moderno col fallimento dell'uomo dinanzi ail suo mito, condannato a vivere senza significati morali, attanagliato dal dubbio, dall'insicurezza, dalla incombente fine di tutto.
Ma ipotizziamo di ricominciare da noi, superare lo stadio della fisicità, di andare oltre la materia, di ritrovare l'equilibrio tra corpo e anima, di mitigare i morsi delle sollecitazioni mediatiche dellìera informatica, per proiettarci in un futuro diverso, per imprimerci nell'anima il segno della vera umanità, non delle masse informi di agenti deleteri che premono sulla nostra interiorità trafitta, sulla nostra anima sospesa a mezz'aria, tra il materialismo e lo spiritualismo. Allora, può sorgere una vivida alba per ristorare gli afflitti, le menti condizionate e rese cieche e sorde dal frastuono quotidiano, dall'intollerante fanatismo di voler invadere il cuore e la mente con episodiche avventure transitorie.
Dagli anni cinquanta in Occidente si è aperta una faglia, si è diffusa una crisi che ha coinvolto e surclassato i miti del passato, senza riempirla di altri valori arricchenti.
La nostra cuspide spirituale è giunta all'ultimo stadio di emarginazione della spiritualità. Si sono trasformati i meccanismi del mondo, il senso di concepire i grandi paradigmi umani. Si è diffuso un grande caos che ha mutato il vecchio senza proporre nuovi modelli.
Siamo ad una svolta storica imponente, di portata planetaria.
Il mondo è (ri)visitato alla luce di una tribale e ingombrata scenografia di fattori ambientali, culturali, tecnologico- economistici, religioso/politici che non privilegiano la sacralità, non fanno la differenza tra il vero e il falso, tra il bello e l'onesto, tra la vita e la morte.
Tutto è come avvolto da una nebulosa che impedisce di giungere alla verità, perlomeno alla realtà non distorta da paradigmi di piacere, di passioni, di impulsi che vogliono esplodere. Ma il nostro viaggio non si consuma in questa vita, se come insegna la fede, qualcosa di trascendente c'è nella metafisica del corpo umano, noi dobbiamo sforzarci di interpretarla, di capirla, di indirizzarla verso quei fattori positivistici che senza perdere d'occhio la materia e la tecnologia ad essa inerente, ci porti a considerare l'uomo come <nuovo>, ovvero, un soggetto dominante della scena del mondo che impersonifica una visione più eletta di vita, un impulso che ne animi la rinascita e ci preservi dalla sua fine miserevole.