Overblog
Segui questo blog Administration + Create my blog
30 luglio 2009 4 30 /07 /luglio /2009 19:39

Antipasto di zucchine in carrozza

Dosi per 4 persone: una confezione di pasta sfoglia surgelata, 4 zucchine, mezza cipolla, pomodorini pachino o ciliegina, sale e pepe q.b, 3 cucchiai di olio extravergine di oliva, basilico abbondante.

In una padella antiaderente mettete a soffriggere insieme all'olio la cipolla affettata finissima, aggiungete le zucchine tagliate a rondelle e lasciate soffriggere qualche minuto, rigirandole. Non devono essere molto fritte, perché assorbirebbero molto olio, si devono tenere al dente. Stendete in una teglia da forno la pasta sfoglia, avendo cura di foderarla con carta da forno per evitare altro condimento, adagiate e allargatela un po' , aiutandovi con le mani o precedentemente con un mattarello, stendetela più sottile. Ponete sopra il soffritto di zucchine e cipolla, completate di sale, avendo cura di sovrapporle leggermente. Quando avete ultimato la disposizione, ponete sulla sfoglia i pomodorini pachino o ciliegina, qua e là, come meglio volete disporli. Mettete in forno caldo a 180° per dieci minuti. Poco prima di tirare la teglia dal forno, aggiungete il basilico tritato in abbondanza. Questo per non fargli perdere l'aroma che è molto piacevole e saporito quando non è molto cotto. Lasciate intiepidire o servite calda come preferite. Un Pinot grigio o un Grignolino sono l'ideale all'abbinamento.


Gratin di cavolfiore

Occorrente:Cavolfiore bianco di mezzo chilo circa, 2 cucchiai di farina, mezzo litro di latte caldo, qualche cucchiaio di burro o di olio.
una macinata di noce moscata, sale e pepe q.b, 50 gr. di parmigiano o pecorino grattugiato.

Lessate il cavolfiore, dopo averlo pulito delle foglie dure e del torsolo, ponetelo intero nel tegame con acqua bollente salata, tenetelo al dente che non si disfi, sono sufficienti 10 minuti. Nel frattempo preparate la besciamella leggera facendo sciogliere la noce di burro, il latte e la farina con la noce moscata, avendo cura di rigirarla continuamente per non fare grumi, quando è pronta, stendete il cavolfiore sulla teglia da forno antiaderente, dove avete passato un filo di olio extravergine di oliva,(pochissimo),adagiate il cavolfiore avendo cura di tagliarlo meglio e sistemarlo bene nella teglia sulla quale spargerete abbondantemente la salsa besciamella. Cospargete di parmigiano grattugiato o, a piacere, di pecorino e servite tiepido. E' un ottimo contorno dal costo contenuto, ottimo per combattere i radicali liberi, recita la nuova medicina e, noi ci crediamo. Abbinatelo ad un Quagliano di Saluzzo o Pellaverga sempre saluzzese.






Se non volete perdere tempo a lessare le patate, pelarle, passarle nello schiacciapatate, usate le buste pronte per pure' di patate. E' comodo, veloce e sortisce lo stesso effetto.
GATTO' DI PATATE
Ingredienti: 3 buste sono sufficienti per 4 persone, 2 etti di prosciutto cotto affettato fresco, 2 uova sode, noce moscata, 1 etto di pisellini surgelati, 1 etto di grana parmigiano grattugiato, mezzo litro di latte più 1/2 bicchiere, 2 noci di burro, 30 gr. di pangrattato, sale e pepe q.b,
In una ciotola capiente e antiaderente sciogliete 2 noci di burro e il latte (mezzo litro), regolatevi se aggiungere qualche goccio di più, a seconda se l'impasto vi apparirà troppo asciutto, unite a pioggia la farina di patate, il sale e la noce moscata, il contenuto delle 3 buste e mescolate continuamente, senza stancarvi, finché l'impasto non ha una consistenza densa e cremosa, ma no troppo. In una teglia antiaderente ponete la carta da forno, unite all'impasto di patate il prosciutto tritato sottile, le uova sode tritate grossolanamente, i pisellini preventivamente scongelati, il grana grattugiato, aggiustate di sale di noce moscata, e mescolate il tutto, aiutandovi con le mani o meglio con una forchetta, pareggiate la superficie e spruzzategli sopra il bicchiere di latte ed eventualmente dei fiocchetti di burro con un leggerissimo strato di pangrattato. Mettete in forno per 15/20 minuti a 180 ° e lasciate raffreddare prima di servire.
E' ottimo oltre che come antipasto, anche come secondo piatto. Si serve a tocchi, a spicchi come una torta, accompagnato da un Passolato o un Ganzirri messinese, va bene anche un vino dei Ciclopi (rosso bianco o rosato)

Condividi post
Repost0
30 luglio 2009 4 30 /07 /luglio /2009 11:13

di (Ninnj Di Stefano Busà)

Fare Poesia oggi è una <fede>; qualcosa che rasenta la religiosità e la continuità di un misterioso cammino che inavvertitamente allo stato inconscio portiamo dentro, senza sapercene spiegare il perché, senza saper trovare una ragione plausibile.

Cos'è questo segno che si manifesta solo in certe persone e non in altre? e ci differenzia dagli altri esseri umani. E' un fuoco che divampa? E' qualcosa che cova dentro e ci arricchisce? O ci divora e basta, ci tormenta, ci innalza e ci disarma, ci piega e ci investe come una fiamma perenne, demolitrice ma, anche, sistenitrice di un bene, quello dell'"intelletto del cuore" che ci qualifica come essere vivi e <pensanti>.

 E' amore per la parola? Per il senso comune dell'umanità imbrigliata in elementi contraddittori, alienanti, difficilmente comprensibili? E' un rifugio? Una nicchia dove ripararsi dalle temperie contemporanee? E' un piano predestinato per dare quel minimo di eternità che disperatamente si va cercando?
E' la parola che torna al suo linguismo primigenio, al suo capitale etico/spirituale avendo bisogno di rigenerarsi/rinnovarsi alla luce del pensiero? 

Poiché di Luce si tratta, infine. anche se viene stimata un optional, una perdita di tempo.

quale appare dal martoriante e assillante battage denigratorio, dal protagonismo sconnesso, esponenziale dei nostri giorni.

E' qualcosa che ci accomuna al cielo o alla dannazione? alla nostra solitudine? 

Eppure sembra indurci a progredire, a venir fuori dal buio delle nostre impotenze, inadeguatezze, cui siamo tenecemente aggrappati malgrado tutto.

Una zattera di salvataggio del movente biologico/culturale che ci allontana dal dolore, allora? E' la voragine chiusa delle nostre contraddizioni più eclatanti? oppure è la grande molla, l'unica via che ci resta per dialogare, per camminare a fianco della Storia e dentro di essa con il bagaglio spirituale, morale e intellettuale  al quale essa stessa (storia) ci espone. Nella vita convulsa e avulsa da ogni ragionevole intelligenza e logica, apparentemente depauperata da ogni slancio, da ogni fermento, da ogni  passione, i poeti si mostrano come reperti primitivi; archeologia di un passato analogico che li ha sconfitti. L'informatica e la telematica, il tecnicismo e il meccanicismo imperanti di una società in pieno declino, ci porta a riflettere sulle vere ragioni del far poesia oggi.
Il tempo del poeta si è esaurito, surclassato dal tecnicismo satellitare, dalle rampe telematiche globalizzate, sepolto da un cumulo di macerie fumanti che si porta dietro, fin da quando si è imposto un nuovo modello che sostituisse le vecchie formule classiche del pensiero "poetico".
  L'ultimo ossigeno si sta consumando...

L'Uomo moderno è passato dai disagi delle due guerre, dalla metamorfosi irriducibile di un progresso "sui generis" che lo ha lasciato non proprio indenne da scorie e da  rifiuti  delle neoavanguardie trascorse ma non del tutto obsolete,  fino al minimalismo e al solipsismo di oggi.

Quasi aliena,  la voce della Poesia, se da una parte ha creato la modernità del pensiero e dell'azione, dall'altra ha generato mostruose incongruenze, inquietudini, ha mostrato il volto deturpato della società dei consumi facili e aleatori, delle assenze che sono la caratteristica principale di questo non sense moderno, di questa esistenza gracile e fragile, senza punti fermi, né certezze. Ogni poeta vero o presunto sa bene che si trova ad un bivio, continuare o abbandonare la trasgressione, (perché tale la definisce l'illecito giudizio della comunità più aliena).

 La libera circolazione della parola che oggi viene superata dai sistemi digitali di trasmissione dell'immagine satellitare, e dunque anche del linguaggio <metainformatico> che non gli riconosce il merito, non gli riserva il benché minimo  rispetto, la benché minima logica di esistere. Verrebbe da dire, cosa ci fa su questa terra diseredata il fantasma di una Poesia che non si ama, che non rende economicamente, continuamente rinnegata, derisa, bistrattata e ignorata?
Che conta oggi essere poeti, se nessuno, dico nessuno, è sicuro di essere annoverato nella pagina Letteraria del secolo? Perché il poeta si dà tanto da fare a sciorinare parole messe in fila, parole in libertà (come dicono i detrattori), parole in disuso, parole...parole che non portano a nessun risultato, se non a quello di un logoramento e, paradossalmente, di un allontanamento dalla società che, gli preferisce qualsiasi altra attività ludica e, consapevolmente ne ignora la presenza?

Sono venuta alla conclusione che la Poesia è davvero una sfida, una <fede> ultima di una deontologia fuori moda, non più avvertita, ma non del tutto stremata, né inquinata, che una missione di trascendenza fa salda nei cuori e nella mente di pochi adepti, di cui non abbiamo consapevolezza alcuna. Vi è dentro di noi un tarlo, o piuttosto un folletto che ci grida e ci prospetta la follia di pochi attimi di luce, che resteranno a trascrivere la nostra storia.
E' un atto di coscienza, una proclamazione di innocenza e di disponibilità verso quelle forme di elezione che ci fanno diversi. Vi è un sottofondo masochistico nella produzione di Poesia oggi? Chissà.
Sta di fatto che, malgrado sia bandita dai circoli elitari e dal giro delle grandi Case Editrici Elitarie, essa persiste a voler fornire il segno di una profonda e inalienabile istanza culturale, che è il marchio vero della nostra umanità pregressa: una sorta di vademecum che recita pressapoco così.: Poeta fosti il pazzo di turno, ora vai, invadi i tuoi spazi, i tuoi luoghi, semina a livelli di fede il tuo linguaggio e proteggilo, fanne vicenda di Luce, percorso di un livello spirituale superiore, non importa se il mondo t'ignora o ti ama, non è necessario che lo faccia...Tu poeta, persegui l'utilizzo della parola alta, fanne strumento deontologico della tua specie, non demordere, insisti...
Questo è qiello che penso. Ecco, come può interagire la poesia col mondo circostante. Il mondo ne può fare a meno, ma egli (poeta) non può desistere dal credere nell'adesione incondizionata al suo microcosmo, che lo porta a creare dal nulla l'elevazione del pensiero.
Perciò, si proietta nella capacità inventiva, nella ricchezza inalienabile del suo virtuale riscatto, e rende fecondo e unico il mistero che lo ha privilegiato. Perché, credetemi, essere poeti non è una sottrazione, è, invece, un'addizione a (ri)creare in un mondo fantastico le condizioni migliori per dire io c'ero. Un progetto un èp' ambizioso di immortalità per chi ci crede. 

Essere un poeta oggi è come come voler redigere e tramandare un attestato di verità conclamata da principi naturalistici, che infiammano il cuore, la mente dell'uomo, il cui  linguaggio diventa un idioma per non morire, per principiare, ancora e ancora, il risultato di una potenzialità amara che, seppure disgiunta, da un suo concatenamento sillogico come lo può essere l'estremismo minimalistico e arido offerto dal panorama degli ultimi decenni, preme e insiste per restare un obiettivo di equilibrio, una forza moderatrice di tanti, di troppi mali e lacerazioni. A fronte di essi si staglia grande, immensa, come un sole d'estate, il principio di una costruzione fantasiosa, bizzara e irriducibile, quale può essere la pretesa di fare poesia.

Condividi post
Repost0
26 luglio 2009 7 26 /07 /luglio /2009 22:36

La sua città di origine le conferisce il Premio alla Cultura. La scrittrice e poetessa sarà Ospite d'Onore alla cerimonia conclusiva della Rassegna "Il SIPARIO" XII edizione, che vedrà, quest'anno, lo svolgersi della manifestazione alla Corte del Castello Medievale Grifeo di Partanna. Il Sindaco nella persona del Dr.  Giovanni Cuttone e l'Amministrazione Comunale nella persona dell'Assessore alla Cultura Dr. Domenico De Gennaro così hanno motivato il riconoscimento: " considerate le origini che La legano a questa terra e le Sue elevate qualità artistiche e culturali, di rilievo nazionale e internazionale, che sicuramente daranno lustro alla manifestazione..." 
Il detto: < nemo propheta in patria > che in sè prelude ogni disattenzione e trascuratezza verso le personalità che hanno dato lustro alla loro città, viene così a decadere. Saprà la Città di adozione "Milano", da sempre nel cuore della scrittrice, eletta agli onori e ai meriti della sua attivissima e meritoria opera culturale, renderLe anch'essa il meritato riconoscimento?

Condividi post
Repost0
16 luglio 2009 4 16 /07 /luglio /2009 14:24

di (Ninnj Di Stefano Busà)

Molto si è detto e molto ancora si dirà sulle cause che determinarono la costante e ineludibile crisi e la depressione a livello spirituale del Pavese.
La solitudine fu la chiave di volta del suo percorso umano, la portò in sè, nella profondità della sua psiche, quasi radicata nel suo essere.
Fu una sofferenza cupa, senza scampo, senza visione d'oltre: solo lui e la sua sofferenza estraneante, martellante , senza gradazioni intermedie di colori, senza vigore né Luce: una tempesta come frutto di una incaspacità congenita del vivere, strazio e perenne abbandono furono sempre i compagni di vita di una personalità chiusa in sé, tesa fra il desiderio di adire ai due momenti più importanti della sua esistenzialità di uomo e di credente e la sua incapacità di porsi a livello di coscienza atta a derimerla.
Davide Lajolo nella sua biografia a Cesare Pavese (Il vizio assurdo, ed. Il Saggiatore,1967) parla a lungo dei temi che lo coinvolsero in un periodo di massimo smarrimento per lo scrittore delle Langhe, che ritornava nella sua città sentendosi sulle spalle il peso dell'ostilità, del caos, della paura causati dal conflitto ancora in atto.
Di Pavese non si conosce il motivo della morte che apparentemente corrisponde al suo carattere, ma che vi combacia quasi alla perfezione. Egli torna, dunque, interiormente provato dal postbellico e dalle conflittualità, dalle contraddizioni, dai disagi che in sè portava questo momento di storia patria, che aggravò la sua posizione di uomo dal carattere debole.
Aveva lasciato alle spalle Roma nella quale aveva diretto la sede locale della Einaudi e il ritorno a Torino era stato per lui un grande impatto con una realtà devastante e cupa: ovunque case bombardate, la città messa a ferro e fuoco da un conflitto che aveva disarmato in lui, già debole e perennemente instabile, oscillante fra esaltazione e cupa disperazione, ogni desiderio di lotta, ogni superamento delle facoltà di agire o reagire.
Si sentì, improvvisamente solo e abbandonato, attorno alla sua vita  -il nulla- fuori e dentro l'anima e nel corpo il senso di fallimento, il decentramento solitario e perverso dalla sua vita, la tragedia del vivere stentatamente, senza punti di riferimento certi, senza obiettivi e sogni. Il Monferrato ancora rivendicava il sangue dei suoi amici in lotta per difendere il territorio.
Lui che di coraggio non ne possedeva, si sentì svuotato e avvilito, si ritenne escluso da ogni valida ragione che potesse rivalutare la sua inerzia, il suo malessere interiore.
Ma come disse Don Abbondio: Nei Promessi sposi,  quando i bravi di Don Rodrigo lo circondano per imporgli di non sposare Renzo e Lucia: "il coraggio bisogna averlo dentro, se uno non ce l'ha non può farselo".
Allora meglio per Pavese chiudersi nel mito, meglio entrare nell'irrazionale di un sogno che virtualmente prenda il posto di tutti gli altri desideri o aspirazioni. Pavese entrò un un isolamento che piano piano lo portò a farsi una trincea attorno, dove l'angoscia della solitudine e il tormento dell'incomunicabilità la fanno da padroni, tagliandolo fuori da ogni spiraglio di salvezza.
Comincia la sua discesa negli inferi, la sua premessa di luce interiore, di ricerca di Dio che avrebbe potuto farlo emergere dalla sua condizione di emarginazione, di essere solitario vagolante sulla terra.
Nel '43 nel collegio dei Padri Somaschi di Trevisio nel Casal Monferrato conobbe il giovane padre Giovanni Baravalle e per poco tempo inseguì la fede, attraverso il suggello d'amore e di speranza che il sacerdote gli fa balenare nell'anima.
La sua posizione è di pieno scetticismo e agnosticismo, ma tenta, malgrado tutto, la risalita attraverso i dialoghi privati, le testimonianze, l'intima grazia e la dolcezza del suo apostolato di fede, di compiere quei passi che lo avvicinassero a Dio. Per qualche tempo brevissimo, intravede attraverso nebbie fitte la luce di una verità che  il padre Baravalle gli porge.
Sono sue le preghiere insieme agli altri discepoli e allievi che il padre spirituale raccoglie, indirizza alla preghiera, cura apostolicamente e umanamente avviandoli sulla strada della vita con esortazioni, consigli, suggerimenti, insegnamenti.
Pavese s'inserisce in quel gruppo di ragazzi, si sforza di dare una svolta alla sua vita, che non fosse di sola cupa disperazione, osserva e dialoga col reverendo ogni giorno. contraddice le sue posizioni, cerca verità rivelate, scampo nel presupposto che la Chiesa e il Cristianesimo gli avevano proposto fino a quel momento.
Una tregua, forse, dalla tortura dei giorni bui, prega perché in lui scenda la grazia divina, perché la fede lo prenda con sè e lo induca a un intenso lavoro di ricostruzione, di istruzione evangelica, d'indottrinamento religioso e morale che lo congiungessero a Dio.
Il miracolo non avviene. In Pavese è troppo complessa e articolata la gabbia che lo tiene stretto, un groviglio delirante che interagisce nella sua mente, senza dogmatismo di fede, una coscienza laica, assolutamente priva di barlumi di Trascendenza.
La grande esemplarità del sacerdote nulla può, senza l'ardimento di una Verità confessionale che lo facesse emergere dalle tenebre del suo schema morale e religioso. Cesare Pavese si limitò ad elaborare il concetto di Dio, ad immaginarlo chiuso e forse ostile nei suoi mancamenti e assenze, chiede a padre Baravalle di accompagnarlo da Lui, si confessa, ricevendo la comunione il 29 gennaio del '44.
Tutto inutile: la grazia non discende nei cuori che rifiutano veramente Dio. Pavese aveva fino a quel momento visto la religione come un orpello senza grandi sussulti, più come fondamento di norme etiche che visione di un Tutto che sublimi, elevandola, la coscienza del singolo.
Non è folgorato sulla strafa di Damasco, l'anelito religioso resta in lui lettera morta e non ottiene la svolta desiderata, il cambiamento spirituale tanto atteso. Non lo attraversò per nulla il brivido di umana compassione, la sublimante attesa del congiungimento, l'estremo rinverdire di fogliame dentro rami secchi; la brace accesa nelle ore liete è forse il residuale, ultimo miele, non il prodigio carico di promesse catartiche, che rimasero latenti e amorfi nel suo spirito sconfitto.
L'amara constatazione esasperò ulteriormente il suo codice etico e intellettuale di uomo solo (sperduto nella sua immensa solitudine), senza conforto di fede, perso in una visione cosmica e tragica dell'umanità che vagola in cerca di sparute verità.
I disperati appelli della sua anima non sono stati ascoltati da Dio ed egli ripiomba nel più cupo e beffardo soliloquio con se stesso, si chiude a riccio nella più indifesa e straziante  -condicio sine qua non -   dei suoi interrogativi, dei suoi dubbi; ha tessuto intorno a sè una rete a maglie strette e vi si avviluppa, vi s'impiglia nell'inganno dei suoi vaneggiamenti, delle sue perdite di uomo e di credente.
Per Pavese vivere è soffrire: il dolore è antico e sempre uguale, fomenta la sua persona e non lo fa avanzare di un passo verso la salvezza. Il 30 gennaio annota sul suo diario: "il dolore non è affatto un privilegio, un segno di nobiltà, un ricordo di Dio. Il dolore è una cosa bestiale e feroce, banale e gratuita, naturale come l'aria."
Chi, se non uno che soffre come lui avrebbe potuto descrivere meglio l'assenza della gioia, il cupio dissolvi della sua vicenda personale e intellettuale? Si sente indifeso dinanzi al dolore, e la sua descrizione si fa pressante, quasi patologica: "chi soffre è sempre in stato d'attesa  - attesa del sussulto e attesa del nuovo sussulto/.../. Qualche volta viene il sospetto che la morte... eccolo lì il punto cruciale, il dolore senza istanti, tutto tempo e tutto eternità, incessante come il fluire del tempo in un corpo che non morirà più." .
Ed eccoci al dunque. ci prova a morire, stabilisce con l'intensità dello strazio la sua ragionevole dose di fiducia, si lascia andare, si abbandona a quell'addio che lo ripagherà delle troppe sofferenze inflitte al suo corpo. Tradisce la vita in quel lontano agosto torinese torrido e insieme glaciale per la sua vita che si spegne.
Ma come avevo accennato in precedenza non è solo l'assenza di Dio che lo assilla e corrode dentro. Il suo naturale slancio vitale è spento, ma anche la mancanza di un affetto ha il suo peso. Vi è in lui questo contrasto esasperato fra la solitudine che pure apprezza, perché fa parte del patrimonio intellettuale dell'uomo di pensiero, e la sua costante latitanza dalle gioie intime e sincere di una famiglia, di un amore. Durante gli stadi coscienziali del suo bilancio d'uomo compare la figura femminile, e vi si staglia, si converte in quel suo sogno che si ripete all'infinito, e lo porta a considerare la donna come punto di riferimento, certezza, esigenza vitale della sua esistenza randagia, quasi a sconfessare trappole, pene, a catturare esili progetti non ancora arresi al silenzio. Quella che lui perennemente cercava, così per assemblarla ad una casa, a un rifugio d'amore, ad un'ansia di pacificazione e di dominio dei sensi, sembra volergli sfuggire in ogni circostanza, anche con l'americana Constance, con la quale aveva sperato furiosamente di trovare la felicità.
La donna-angelo del focolare, la donna amica/amante/moglie/compagna alla quale avrebbe dovuto accordarsi la sua immensa sete d'amore, il suo ineludibile vuoto è forse la pena di andare oltre se stesso, nel tentativo vano di superare la cortina oscura del silenzio, l'estremo moto intorno alle praterie di favole dipinte coi colori della vacuità, e ancora la linfa vitale non lo soccorre, teme l'impennata dell'ala, il suo lucido presentimento, il suo labile abbandonarsi a scommesse sul filo del rasoio : "Solamente girarle le piazze e le strade/ sono vuote. Bisogna fermare una donna/ e parlarle e deciderla a vivere insieme./ Altrimenti uno parla da solo/.../la casa sarebbe/ ove c'è quella donna e varrebbe la pena." (da: Lavorare stanca).
Pavese gioca fino in fondo la sua folle partita con la morte. Il suo è un bisogno estremo di amore, un bisogno viscerale, lo avverte come un feroce fluirgli nel sangue dell'intero percorso esistenziale. 
Si riesce allora, a sintetizzare le due esigenze come complementari e irrisolte, pur nell'immensità di un desiderio che andava oltre i canoni logici di una realtà che non gli puntellò la vita, la eluse e deluse, intimandogli la resa dei conti, il bilancio passivo nella sua contraddizione drammatica.
Resta il mistero che tuttora appare irrisolto e che intuisce risvolti personali e non, stringendolo per sempre  nella  sua indole segreta  e tragica. La stabilità emotiva divenne esponenziale, il suo lutto privatissimo con la morte non venne mai elaborato per mancanza di mezzi interiori, e l'esito finale della tragedia fu il suicidio. Si realizzò  il tutto tempo e il tutto eternità -  come lui stesso aveva preannunciato, e finalmente il suo:  -Oh tu abbi pietà - ebbe senso. Un sogno il suo, ancorato alla linfa che non impegna lo spingersi oltre il muro, che tralascia impegni di radici e di scommesse, lo fa pedina di un gioco tragico, oscurato e vano, la cui sosta nei territori impervi e banali, ha galoppato l'anima azzurra delle cime, fiutando solo qua e là qualche brandello d'ipotesi vestita da favola, dentro la sua pena irredenta.

Condividi post
Repost0
15 luglio 2009 3 15 /07 /luglio /2009 19:58

di ((Ninnj Di Stefano Busà)

I sensi di colpa possono apparire inutili e dannosi. Quando i genitori si separano, ad avvertire sulle spalle il fallimento genitoriale sono quasi sempre i figli.
Su di loro improvvisamente cade il peso di un'assenza, di uno smembramento ambientale, emozionale e sociale che appare ampliato all'ennesima potenza.
ll gruppo di famiglia modifica il suo assetto di convivenza, chi decide di uscire, di andarsene da quella casa, abbandona, (per così dire), un nucleo che fino ad ora è stato il rifugio comune col partner e va a vivere un'altra dimensione, si sposta in un altra residenza sostitutiva che lo oscura un po' dal punto di vista affettivo, ma anche dalla memoria e dal cuore.
Una sorta di processo autolesionista e colpevolizzante investe l'adolescente che subisce l'allontanamento, sia che vada a vivere con uno o l'altro genitore, egli ugualmente si interrogherà sicuramente sul perché la vita debba essere tanto amara e crudele con lui, cosa ha fatto per meritarsi una simile sorte, quell'eclusione, quella condizione di riadattamento un po' precaria di figlio spodestato dal suo nido, costretto ad autodeterminarsi in tutto: nelle scelte, nell'esigenza di ricrearsi altre amicizie, nel modo di gestire e amministrare le risorse del suo tempo libero, le sue nuove condizioni di inserimento in altri nuclei familiari, di cui l'effettivo disagio è palese.
Vengono meno i modelli di riferimento, il confronto con l'uno o l'altro genitore che s'interrompe bruscamente, non fa che  innescare nel loro animo una senzazione di colpevolezza, refrattaria ad ogni logica spiegazione: l'adolescente subisce il  fallimento dei genitori come un affronto personale fatto alla sua persona, quasi sempre reagisce con scatti d'ira, comincia a diminuire il suo rendimento scolastico, si chiude in sé, diventa scontroso e irritabile, la sua attenzione viene meno, assorbita com'è, dal tumultuoso svolgersi dei fatti, di cui non è responsabile, ma che lo portano a livello inconscio a pensare che, parte della colpa (se non proprio tutta) risieda anche nel suo comportamento filiare.
Dentro la sua psiche, comincia a insinuarsi il dubbio, l'insicurezza, l'instabilità dei rapporti interpersonali, nell'adolescente inizia a prendere corpo un rifiuto d'identità, viene meno la  tolleranza, verso gli altri, s'instaura  un rigetto delle motivazioni addotte, s'ingenerando in lui senza una ragione precisa, una sorta di groviglio emozionale, psicologico, retroattivo, che lo porta all'introspezione più cupa e stringente, alla destabilizzazione del suo equilibrio emotivo, che proprio perché ancora non del tutto formato e maturo, stabilisce delle logiche conseguenze al suo senso di colpa, che gli appaiono frutto del suo comportamento.  Si manifesta negli scatti di umore, nel suo disagio esistenziale, nel suo oscuramento valoriale, nella scala degli affetti, nell'esclusione dei rapporti con gli altri, l'adolescente si rinchiude in sé, mette in atto un ridimensionamento col mondo circostante, si isola, per proteggersi dall'affetto che ritiene insufficiente ora a colmare i suoi vuoti. Il confinamento, l'arroccamento in quelli che sono i suoi nuovi ideogrammi, lo porta a sentirsi figlio di seconda categoria, espropriato del suo ruolo di appartenenza al gruppo, dalla sentenza sancita dai genitori di dividersi, senza consultare la logica degli eventi, senza condividere la forma e la sostanza dell'atto in sé, che finisce col farlo bersaglio dei loro malumori, disagi, rancori, accuse reciproche. Si profilano allora grosse difficoltà educative, l'adolescente diventa ribelle, si accentua il confronto con l'altro da sè, in questo caso, il genitore che viene meno all'appello, all'impegno di condivisione reciproca, (sia essa la figura mancante della madre o del padre) resta spesso tagliata fuori, l'immagine stessa del nucleo che viene rivoluzionato e subisce una lacerazione di fondo piuttosto considerevole dal lato della logica di figlio, che viene "ripudiato" così egli si sente, dall'esigenza di un esproprio di anime, che non è più di condivisione dei beni finora rappresentati dai due contendenti, che appaiono ora nemici, quasi alieni alle sorti che toccheranno ai figli, e spesso si contendono con malanimo e rancore torti e motivazioni di acredine.
L'adolescente  sente il peso delle scelte, delle frustrazioni, delle modificate condizioni, fa suo il motivo del dissidio fra di loro e ne soffre in maniera tangibile e drammatica.
Ma anche se c'è accordo fra i genitori separati sulle decisioni di fondo, chi resta a vivere col ragazzino/a si troverà a sostenere l'ostilità e tutta l'amarezza del figlio offeso, che prova l'umiliazione di non avere più  l'amore di entrambi.
Così finisce col respingere le ragioni del coniuge meno colpevole per idealizzare magari l'altro assente. Il genitore che rimane insieme al figlio riesce meno a controllare l'atteggiamento e il comportamento perché di frequente appare ovvio che il suo giudizio è sottoposto a stress emotivo/ambientale e a minor vigilanza. Essendo venuto meno il sostegno oggettivo dell'altro coniuge che se ne va o scompare piano piano alla sua vista, alla sua presenza e al suo affetto. Ladolescente si sente tradito, ripesca nella sua memoria i momenti felici, le ore più serene passate in famiglia e si arroga maggiore autonomia a gestire il suo ruolo di figlio.
La situazione così può presentare gravi rischi di massimo coinvolgimento in comportamenti pericolosi o in cattive amicizie che penalizzano il suo stato d'animo per essere stato abbandonato.
Così di frequente il genitore presente diventa bersaglio di accuse, di ripicche e malumori, mentre quello assente viene idealizzato e rimpianto.
Le condizioni economiche della famiglia che si separa fanno la differenza, in genere peggiorano con la separazione definitiva dei genitori, in quanto vengono a mancare i principi d'intesa e di collaborazione reciproca, ma anche perché questi s'intrecciano a loro volte con i problemi educativi: scelte di scuola, libri, tasse scolastiche che costringono a fare scelte diverse a seconda della disponibilità di entrambi i genitori, i quali non facendo più cassa comune, non vivendo sotto lo stesso tetto, si vedono costretti a dividere, non sempre equamente le risorse economiche esistenti.
Raddoppiano spese abitative, spese sussidiarie, spese di condominio, di alimentari, di lavoro, di assicurazioni per automobili, aumentano spese di conduzione da single, o di genitore con figlio a carico, il tenore di vita si abbassa, perché costretto a dividersi in tanti rivoli che appaiono d'insormontabile impatto.
Piccoli e grandi problemi si acutizzano, sembrano cambiare radicalmente le regole di vita, perché ora i soggetti si spostano su piani diversi di esistenza e diventano estranei gli uni agli altri, le frustrazioni sono in agguato ed è difficile per tutti comprenderne i meccanismi e i metodi da adottare.
Non guardare i rapporti solo in termini di legge potrebbe essere già un discreto contributo a risolvere le questioni che si presentano con un buon margine di successo.
Si rimane genitori per sempre, quindi non rincarare la dose giornaliera di offese, di veleni, non scaricare colpe o rimpianti sull'altro coniuge assente, emozioni disordinate e circostanziate dal disagio emotivo, non rinvangare episodi sopiti o dimenticati. Stabilire regole civili e comuni di comportamento potrebbe essere un buon passo avanti.
Ampliare i contatti con amici e conoscenti o far frequentare all'adolescente altri membri dei nuclei familiare dei separati, potrebbe essere un segnale che i rapporti non si esauriscono, che  si può ancora contare sull'affetto di altri adulti siano essi nonni, zii, cugini, amici, insegnanti. Cercare di venire incontro alle mutate esigenze del figlio/a  operando su scelte che siano di esempio e di disciplina potrebbe essere una delle regole per ristabilire un po' d'ordine nella mente e nel cuore del minorenne, che accompagna alla presunta colpevolezza la peggiore delle sofferenze:  l'esclusione dal cuore di uno o di entrambi i genitori, che va ricordato, sarà per sempre una ferita aperta .
Nell'immaginario del figlio si apre una valanga d'interrogativi, tutti senza risposta, tutti decodificati dal fallimento dell'unione e dalla logica della malsopportazione di uno o dell'altro che ha avuto il sopravvento sulle reali condizioni di vita dell'intera famiglia. Nessuno, a volte è colpevole: vi sono fraintendimenti, comportamenti irresponsabili, logiche che fanno finire l'amore fra i coniugi, ma questo il minorenne non può comprenderlo appieno, sarà la vita a insegnaglielo, ma intanto odierà la sua sorte di "escluso", di diseredato dagli affetti, che lo condurrà ad una sorta di revisione di tutto il suo assetto comportamentale, esponendolo ai rischi gravissimi di una modificazione caratteriale che lo vedrà impegnato a ricucire lo strappo per per il resto della vita.

Condividi post
Repost0
15 luglio 2009 3 15 /07 /luglio /2009 18:13
La valdostana

Togliete la crosta a dodice fette di pane, abbrustolitele nel forno, finché non prendano un bel colore. In una padella antiaderente fate un soffritto con prezzemolo tritato, 1 spicchio d'aglio tritato, basilico abbondante, 40 gr. di burro un po' d'olio extra vergine di oliva sale e pepe q.b. Quando il soffritto è ben rosolato girate le fette di pane da una e dall'altra parte, insaporendole da ambo le parti di quel fritto misto. Versate sopra un bel brodo vegetale, se non lo aveste pronto, andrà bene anche il brodo di dado. Fare cuocere 2 minuti. Trasferite la zuppa nei piatti o in scodelle simpatiche e condite con olio crudo extra vergine d'oliva e abbondante parmigiano grattugiato.
Condividi post
Repost0
14 luglio 2009 2 14 /07 /luglio /2009 23:10

di (Ninnj di Stefano Busà)

Continuano gli episodi di violenza sugli spalti di un scenario che non vuole più accettare le condizioni disumane di un regime dittatoriale così barbaro. Si moltiplicano, dopo le elezioni verosimilmente fraudolente di Teheran, le manifestazioni pubbliche a favore dei rivoltosi, ad es. a Trieste durante il G8 dei Ministri degli Esteri, e qua e là per il mondo si alternano varie altre manifestazioni di protesta e di condanna, ma niente di più del biasimo.
Da più parti ci si chiede se, contro il pugno di ferro instaurato dall'ultraconservatore estremista Akmadinejad, fosse meglio il governo di Bush oppure di Obama.
I risultati di Bush lo vedono anche i ciechi. Dal potere degli Ayatollah islamico nessun cenno di cedimento al programma nucleare già annunciato, arricchimento dell'uranio che significa minacce di sterminio contro Israele  e altri Paesi non allineati, recrudescenza  con ulteriore accanimento di nazionalismo terroristico.
Fra i primi passi di Obama, vi fu l'offerta di  dialogo che offrì al dittatore a mano tesa  in segno di amicizia, che fu irrisa e ignorata, forse, giudicata anche atto di debolezza da parte di Akmadinejad,  dichiaratosi legittimamente eletto dal popolo con vistosi e reiterati brogli elettorali, che hanno portato milioni di cittadini sulle piazze a protestare contro la dittatura toeocratica, monolitica e pericolosa dell'ultimo spietato Islam, che inietta semi di violenza e di sopraffazione sui popoli limitrofi e sulle popolazioni inermi, allo scopo di proclamare ancora una volta la forza e la potenza dell'ultimo impero del male. 
Teocratica e ultranazionalistica la loro tattica parte alla controffensiva, a cominciare dalle armate dei Basiji (truppe militari feroci), all'oscuramento di TV e internet. Sarebbe, pertanto, sbagliato fare un'altra guerra all'Iran contro Akmadinejad, (con Saddam Hussein se ne stanno pagando ancora le conseguenze economiche, da parte degli Stati Uniti e non solo, in numero di morti anche l'Italia ha pagato il suo prezzo,(l'ultimo giovane è saltato in aria ieri)  quanto isolare e porre sanzioni e limitazioni di cui si farebbero beffa. A farne le spese più dure sarebbe la popolazione civile costretta da leggi di isolazionismo a subire ulteriori ripicche e atrocità.
In Iran non è da poco iniziata una dura lotta per rovesciare il regime islamico feroce ed estremista.
La popolazione civile è consapevole che la rivolta si svolgerà nel sangue: sangue ovunque, sulle strade, sui muri, sulle auto, sui marciapiedi, sulle autoambulanze che trasportano morti e feriti (forse per apparire meno barbari), ma di contro oscurano le Tv e le Reti internazionali per non permettere la visione della loro ferocia nel mondo). Lotta,  dunque, tra poteri religiosi e poteri civili che si scontrano per spartirsi bottini e strapotere in alcune cariche governative che temono di venire spodestate dalla rivoluzione popolare che chiede a gran voce diritti.
Una cosa è certa, e sembra quasi impossibile: in caso di attacco all'Iran come è avvenuto per Saddam Hussein in Iraq,  la popolazione si ricompatterebbe in un lampo, per cacciare il nemico. Così è fatto l'Islam, si vuole democrazia e diritti, ma al minimo segnale che possa stabilire l'ordine e la democrazia dal di fuori, si ricompatta velocemente contro lo straniero; alle interferenze americane risponderebbe con un proclama: a morte il nemico, accettando ancora una volta di sopportare le torture inflitte, questo perché non deve, nè può coesistere in una lotta armata all'interno di uno stato di diritto, pur se basato su leggi tribali e metodi di atrocità), la prevaricazione di interventi esterni. La concezione di quel Paese non lo accetta, si mobiliterebbe contro l'invasione di territorio.
La popolazione oggi  contesta il fanatismo irriducibile del tiranno, ma è pronta a unirsi a lui nella compagine degli equilibri di potere votati alla rivendicazione dei principi di non invasione e delle carte costituzionali che regolano gli stati. Credo però che occorra, da parte del mondo intero, far sì che questo processo di cambiamento innescato non si diperda, ma anzi si riveli una inversione di marcia rispetto ai tempi passati e sia irreversibile la tendenza verso la liberazione, con una mobilitazione di solidarietà che incoraggi lo sforzo e dia sostegno e organizzazione a formare comitati, cortei e manifestazioni a favore dei rivoltosi.
Affinché non si affievolisca l'interesse e non si spenga la luce dei riflettori per quest'ultimo baluardo di democrazia da importare in Iran, perché isolare la ribellione appena iniziata significherebbe spegnere, al suo nascere, la luce del progresso e della civiltà in un lembo di terra che ha radicato al suo interno lotte tribali di poteri  offensivi per il buon andamento mondiale. Non condannarne la brutalità e la ferocia sarebbe come far sprofondare i neofiti della democrazia che stanno alzando la testa dal basto, in un buio di secoli.
E i Guardiani della legge islamica sono lì a difendere quella che ritengono la religione suprema di tutte le religioni, "l'islamismo" e l'ortodossia portata alle sue estreme conseguenze potrebbe portare nuovi lutti e fare nuove vittime all'interno di una vsione di strapotere che non vuole indietreggiare di un centimetro, nei confronti del mondo e della temeraria ragione del loro profondo e radicato processo di stabilizzazione fraudolente e spietata.
Gli interessi di parte, anche degli Europei non deve far perdere di vista le motivazioni legittime della democrazia. Intanto, non fanno onore che Nokia Siemens Network hanno venduto al governo iraniano il sistema di monitoraggio  della telefonia fissa e mobile oltre che la rete internet, dei quali siamo pronti a condannare questo business sottobanco e le loro responsabilità nei riguardi di una dittatura che dovrebbe rimanere isolata ma, invece, mostra molte frecce al suo arco, e guarda caso, sono sempre illeciti e fraudolente azioni atte a introitare foraggi monetari e utili ai fautori di un oscurantismo primordiale che a suon di soldoni ventilano rischi per le sorti del mondo, pianificando piani di morte e di sterminio per tutti.
Il terrorismo si attua nella peggiore delle sue minacce, che anche se ventilate esasperano e tolgono la serenità a tutto il pianeta, non solo agli Stati Uniti: in caso di attacchi nucleari, a subire le conseguenze dell'atomica sarebbero sempre gli indifesi e i più deboli., ma questa volta , si sospetta, anche gli aggressori e gli aggrediti, il pianeta tutto potrebbe scomparire.

Condividi post
Repost0
14 luglio 2009 2 14 /07 /luglio /2009 22:39

Dolce all'arancio

In Sicilia si sa abbondano gli agrumi, perciò le nostre nonne e mamme si sono inventati molti piatti con arancio e limone, persino i dolci non vengono esclusi. Vi do la mia ricetta preferita:

In una ciotola capiente aprite quattro rossi d'uovo sbattendoli con 150 gr di zucchero, (meglio se a velo), aggiungere 50 gr. di fecola di patate e lavorate l'impasto per 15 minuti. Aggiungete il succo di un'arancia spremuta, unire la scorza di un altro arancio grattugiato, gli albumi delle quattro uova sbattute a neve, (quando vedete che è fissa e densa come se fosse panna montata) aggiungete al tutto anche questi, infine 100 gr di mandorle tritate grossolanamente, senza pelle. Ponete l'impasto su una teglia tonda antiaderente, avendo cura di spalmare prima un po' di burro e farina. Fare cuocere in forno per 35/40 minuti. Attendere che il dolce sia freddo prima di toglierlo dal recipiente. Passare con un colino sulla torta uno strato di zucchero a velo, dopo avere allineato attorno delle mandorle intere o dei gherigli di noce per guarnire.



Dolce della mamma

Tritare finemente le bucce di tre arance (passandole nel tritatutto del vs. robottino o nel passaverdura), farle appassire un po' in una padella antiaderente con un filo di burro. Battere due uova intere e aggiungere 150 gr.di zucchero in polvere, un po' di cannella e 60 gr. di burro. Dopo aver ottenuto un impasto omogeneo liscio e senza grumi, aggiungere le bucce tritate precedentemente insieme ad 1 bustina di lievito. Mescolare ancora molto bene per 5 minuti. Imburrae una teglia antiaderente cospargendola con  un filo di farina, versare il contenuto, e porre in forno già riscaldato per 20 minuti. Togliere dallo stampo quando è fredda, tagliare la torta in due fette, spalmare concrema pasticciera sui due strati, (quello in mezzo e la superfice del dolce).
Decorare sopra con fette di arance tagliate sottili a vivo. Accompagnarlo con vini da pasto  come Bonarda, Malvasia o moscato, oppure con Passito di Pantelleria.






Dessert morbido di ricotta VELOCISSIMO

Ingredienti: 4 mele renetta o del Trentino dolci, 100gr. ricotta, 4 savoiardi, 60 gr. zucchero, 1 bicchierino di Maraschino o di Grand Marnier, 1 pezzetto di cioccolatto duro, pezzetti di canditi di arancio (a piacere), ciliegine al cognac per guarnire .

Sbucciate le mele, privatele del torsolo, fatele a pezzettini, mettetele nel mixer con lo zucchero, i savoiardi e il liquore, aggiungete la ricotta. Versate il dessert ottenuto in coppette singole, grattate su ogni copetta delle scagliette di cioccolatto e guarnite con ciliegine sotto spirito. Abbinate un Passito di Pantelleria o un bianco frizzante di Lizzano.





Torta a freddo di marron glacé

Ingredienti: 2 dischi di pan di spagna pronto, (lo trovate in tutti i supermarket), panna montata non zuccherata 100 gr. marron glacé 80 gr. un barattolo di marmellata di marroni, un bicchierino di Grand Marnier, cacao in polvere o cioccolatto in polvere.

Su un piatto ampio da portata, sistemate il primo disco di pan di spagna, spruzzatelo di Gran Marnier, spalmate sopra metà della marmellata di marroni, poggiate sopra l'altro disco di pan di spagna, spruzzatelo di liquore, unite panna e marmellata di marroni amalgamate insieme e spalmatela sul secondo disco, avendo cura di ricoprire tutta la superficie, anche il bordo. Decorate con pezzetti di marron glacé. Spolverizzate con cacao o cioccolatto in polvere e servite, abbinando un Moscato dei Colli Euganei. 




SFOGLIATINE CON PANCETTA E PRUGNE

Ingredienti: un rotolo di fasta sfoglia surgelata, 20 prugne secche snocciolate, 8 fette di pancetta affumicata tagliata leggermente spessa, 1 tuorlo d'uovo.

Dal rotolo di pasta tagliate 16 rotolini di sfoglia di circa 4x 8 cm., adagiatevi sopra una fettina di pancetta affumicata, adeguandola alla misura di ogni rotolino, ponete su ogni  rotolino di pasta una prugna secca snocciolata e arrotelate ben strette in modo da ottenere dei cilindretti. Allineatele su una teglia da forno antiaderente, spennelatele con il tuorlo sbattuto e infornate a 180° per circa 10 minuti. Si possono servire calde o fredde, abbinado un Cabernet o un Pinot bianco.





COPPETTE AI FRUTTI DI BOSCO

Ingredienti: 1 mela , 1kiwi, !/2 pesca, fragole, mirtilli (vanno bene surgelati), 2 cucchiaiate di panna montata, 2 cucchiai di zucchero, lingue di gatto per guarnire (2 per ogni coppetta).


Mettete tutto nel mixer, regolarmente tagliato a pezzetti, unite i due cucchiai di panna, lo zucchero e qualche cubetto di ghiaccio che avete preventivamente schiacciato con il batticarne per polverizzarlo. Frullate per 2 o 3 minuti, trasferite in coppette singole e guarnitele con qualche fettina tagliata sottile di kiwi, le lingue di gatto  e i mirtilli. Abbinate ad un Vinsanto o ad un Malvasia di Lipari.


Dolcetti alle fragole come in pasticceria (con un costo minimo)

Ingredienti: dischi di pan di Spagna pronti (li trovate nei market), 100 gr. fragoline fresche, 200 gr. ricotta, confettura di fragole 1 barattol, zucchero vanigliato 50 gr. codine di zucchero colorate (le trovate in tutti i supermarket reparto dolci), 1 limone non trattato..


Con uno stampino tondo o un bicchiere largo rovesciato fate tanti dischetti di pan di Spagna, spalmate sopra la confettura di fragole e copritele con gli altri. Frullate nel mixer la ricotta, lo zucchero vanigliato e metà delle fragoline (le più belle tenetele per guarnire.
mettete a cucchiaiate il composto sull'ultimo dischetto dopo averlo spruzzato con un liquore dolce (solo qualche goccia). Decorate con le fragole e le codine di zucchero colorate, se vi aggrada, mettete sopra una grattatina di limone e servite su un vassoio con un abbinamento di Passito di Pantelleria o un Malvasia siciliano.

Condividi post
Repost0
13 luglio 2009 1 13 /07 /luglio /2009 17:55

di (Ninnj Di Stefano Busà)

Far vivere o sopravvivere in un clima ostile come quello di Milano qualche piantina in casa è un tentativo che non sempre prelude al successo. L'aria asciutta, secca delle nostre abitazioni, il freddo intenso della stagione invernale, il poco tempo a disposizione, rende assolutamente incerto il loro attecchimento, il loro sviluppo vitale. La vita delle piante viene messa in pericolo da spifferi d'aria, da ripetute innaffiature sbagliate ( calde o fredde), dalla pigrizia nel rivolgere loro le dovute attenzioni.
Troppo indaffarate a correre, a lavorare, ad organizzare la nostra giornata, non ci accorgiamo della loro sofferenza, della loro lenta ma inesorabile agonia. Il motivo di tanta disattenzione è spesso la causa principale del loro deperimento e della loro morte certa. Ma vi è, per chi non lo sapesse, un altro motivo fondamentale nella tenuta delle piante in casa, dobbiamo loro delle cure, come il rinvaso, le innaffiature, il concime, la pulizia abituale delle foglie, ma soprattutto, non lo dimentichiamo mai, le piante hanno bisogno di sentire la nostra presenza, il nostro affetto, la dedizione che le rivolgiamo.
Qualcuno dichiara che le piante parlano, sentono, ne hanno registrato suoni e vocalizzi...Sia vero o no, chi ama le piante lo sa, deve dedicarle qualche attenzione particolare, non metterle lì, e sperare che facciano bella mostra di sé per arredare gli angoli della casa, regalarci la loro bellezza, qualche volta fioriture insperate. Questo le piante non lo accettano, essere abbandonate a se stesse è qualcosa che le deprime e le fa soffrire, questo loro stato di disagio si presenta in tanti modi : perdono le foglie, si caricano di acari, di lanuggine, scoloriscono, si afflosciano:  le piante intristiscono  e muoiono.
Per tenerle in vita splendide e vegete, oltre che esporle nelle dovute posizioni ottimali per permettere di far quella che gli esperti chiamano "fotosintesi clorofilliana" dobbiamo amarle. Se non ne abbiamo tempo e voglia, non cediamo alla tentazione di tenerle ad ogni costo, per il nostro egoismo, ostentarle come preziosi ornamenti d'arredo . Si può ovviare a questa mancanza sostituendole con "piante grasse" sono ugualmente ornamentali, bellissime e hanno bisogno di minor cure, ma non illudiamoci, anche loro hanno necessità della nostra presenza.
La "pianta grassa" sembra corrispondere in pieno alla vita della donna di oggi. Non ha necessità di grandi innaffiature, di potature, di concimazione, nelle case di oggi piccole e con elevate temperature la grassa sopporta meglio il caldo secco, inoltre non necessita di molta luce, le basterà qualche goccia d'acqua nella stagione più calda. E' sempre verde e decorativa, si può anche trascurare per le vacanze estive, é paziente e poco esigente, la sua crescita è lenta, può vivere senza rinvasi per molti anni, le ciotole che la contengono possono  far vivere insieme diverse qualità senza soffrirne, non temono l'aridità atmosferica delle nostre case dove in inverno incombono termosifoni a rendere l'aria irrespirabile, però il loro sviluppo va controllato, il concime da introdorre solo di rado, deve essere quello speciale che si trova da ogni buon fiorista. E auguri, se le offrirete amore vi ricambieranno con bellissime inflorescenze inusuali e vivaci, dono alla padrona di casa che le ospita. Si dice che quando le piante "grasse fioriscono" fanno omaggio del loro fiore a chi le cura, abbiate amore e dedizione alle piante: vi ripagheranno con il loro splendido aspetto ad indicare la loro buona salute. Altrimenti, datemi retta lasciatele dal fiorista.
Vi darò qualche indicazione sulle varietà da scegliere: Opuntia (cacteceae9; Mammilaria (cactaceae), Cereus (cactaceae); Kalancoe (Crassulaceae) Aloe (Liliaceae; Euphorbia (Euphorbaceae), sono piante che vi trasmetteranno la gioia di vivere di mondi esotici e tropicali, di oasi suggestive e misteriose che faranno diventare la vostra dimora, pur se piccola,  una reggia.
E credetemi il buon gusto e la raffinatezza saranno assicurate.

Condividi post
Repost0
12 luglio 2009 7 12 /07 /luglio /2009 17:30

di (Ninnj Di Stefano Busà)

La poesia ha sempre avuto capacità sue proprie d'imporsi anche agli scettici, a chi la sottovaluta o la ignora. Essa è arte di un vivere interiore fatto di coscienza dell'essere, insieme a un unicuum di follia individuale che la domina e la crea. Qualcuno affermò che non vi può essere parola poetica senza la proprietà di un linguaggio che fa sbiadire quello usuale, quotidiano, per porre le prerogative del suo significato al di là del concetto comune di comunicazione fra simili.
In realtà, notiamo che in prossimità del linguaggio poetico ogni altro, pur aulico esperimento linguistico, perde forza, si spegne.
Qualche segreto vi sarà, allora, nella poesia che sconosciamo o disconosciamo a seconda come ci aggrada, ma non si può ometterne l'impronta di eccellenza che emana dalla sua precipua forma e si propaga al suo esterno in funzione di raccoglimento, di suggestione, di emozione.
Tutti, credo, indistintamente, siamo attratti dalla poesia come dalla musica: Chopin, Beethoven, Shumann sono Autori che elevarono all'ennesima potenza la Bellezza furente, immaginifica, portentosa delle loro superbe composizioni e interpretazioni. Anche la Poesia vive di riflesso un tempo e un luogo dell'anima, fa vibrare corde segrete, instaura un rapporto segreto fra il sé e la spiritualità più intima e profonda del nostro status di umani.
Umanità essa stessa, sussulto intellettuale, ma anche corda per toccare cieli più alti, o abissi fondi, per poi riemergere a una nuova forma, una quasi (ri)nascita, o dimensione di verità.  Infatti, non per nulla, quell'episodio isolato o marginale che si dice -poesia- e che risponde appieno al diritto più autentico del nostro desiderio di elevazione.
La Poesia in ordine di tempo ha illuminato molti periodi storici dell'uomo, lo ha introdotto nelle stanze più segrete di un luogo e di un tempo magici, in cui avviene l'incontro fra il sé e l'altro di sé. Un luogo apparentemente inesistente, che invece vibra all'unisono col patrimonio intellettuale di ogni poeta, genera sinergie, induce ad affinare una creatività che la mente umana non sa di possedere. Come non può battere un cuore senza ritmo sistolico, così la poesia senza il respiro dell'universale che la stringe. Non vi può essere virtù dell'uomo se non è caratterizzata da un linguaggio altamente stringente, appassionato  che porti direttamente ad esprimere attraverso un idioma diversificato e spesso subliminale: visioni, sogni, nostalgie emozioni, struggimenti, odori, colori strettamente collegati al nostro esser(ci) nel mondo. Ma esser(ci) in forma funzionale all'intelligenza del cuore, esige la caratteristica di farsi brivido infinito coi sensi, nello splendore ambiguo di memoria che si cala nella visione onirica del mondo, per poi  fondersi con le albagie, le dolcezze, il miele o anche il dolore della vita, per stemperarlo e reggerne l'impatto, a volte devastante del suo magmatico non sense. Se al significato analogico di un pensiero che ci assilla noi diamo il corpo e  l'armonia di un verso, la vita appare meno oltraggiosa, meno ingombrante, meno deludente, perché avvertiamo stimoli nuovi, energia nuova emanare dal nostro corpo e farsi soggetto lirico. Qui sta il potere di trasmissione che ci mette direttamente in contatto con qualcosa che va al di là del sensibile, dell'inintelligibile. Perché gli esseri umani hanno bisogno di andare oltre la porta della prigione terrena verso sfere di pura essenza incontaminata? Perché cercano nella poesia un luogo un tempo d'incontro meno reietto, che li metta in relazione con  l'Infinito? Perché l'uomo si pone oltre il suo nulla in una dimensione che, non di rado, lo relega ai margini del mondo? La poesia risponde a questi piani elaborativi, pur non dando certezze assolute, si fa interprete di un suo precipuo contato con l'aldilà, dove noi  cerchiamo le ragioni profonde dell'essere, la poesia ci indica un fievole lume: come Diogene annaspiamo in cerca della Luce. Di certo la Poesia fa riferimento alla Luce di Dio, all'Eternità, ma non potrebbe essere il nostro piccolo miracolo, il surrogato terreno che muovendo al sogno entra in sintonia con l'inconscio? Non potrebbe essere la fiammella che prelude il Grande, Immenso fuoco che dilaga, che principia da un quid (terreno) per riferirsi al Tutto? o almeno a quel che portiamo in noi, senza avvedercene, senza sospettare minimamente di possedere il dono cui l'ardita fantasia ci condanna per firmare, per così dire, il nostro piccolo, trascolorante desiderio di non morire?

Condividi post
Repost0