di Ninnj Di Stefano Busà
Un mondo che ha fame è un mondo sotto scacco, un mondo martoriato che si rende conto di essere ancora in stato di priorità primordiali, e nella fattispecie, si dibatte per non soccombere alle necessità del proprio sostentamento. Un mondo siffatto, privato di una visione universale della civilizzazione, entra in fibrillazione se scopre che il sistema mondiale di prima non è più un modello perseguibile, smarrisce la bussola, corre in modo compulsivo e smodato, per vedere di arginare, per quanto possibile, il rischio di una catabasi planetaria irreversibile.
L'uomo aveva creduto di aver superato, almeno in parte, i pericoli in agguato: le tre guerre mondiali, il flagello di Hroshima e Nagasaki con le bombe al nepal, carestie, miserie, siccità, epidemie, diaspore, genocidi.
Oggi con la capitolazione dei Grandi Imperi economici, che avevano retto ai cicloni delle invasioni barbariche, allo sgretolamento del Molosso sovietico e dello sfaldamento dei satelliti che gli ruotavano attorno, la situazione planetaria sembrava aver preso un nuovo assetto.
Dobbiamo ammettere che il sistema del Capitalismo si è rivelato una trappola per il comune mortale: ha irriso alla fame dei paesi in sottosviluppo, ha allarmato i paesi a medio raggio di sviluppo, e quasi fatto crollare le finanze dei paesi più civilizzati che non credevano potesse aver fine la loro ingente fonte di ricchezza.
Sono stati scardinati i capisaldi di un modus vivendi per tutti quei paesi mediorientali che avevano intravisto nel crollo dell'imperialismo sovietico e nella caduta del muro di Berlino le loro rivendicazioni materializzarsi col vento di un liberalismo che secondo la concezione globale delle libere merci in liberi stati potessero migliorare il livello esistenziale, quanto meno a costruire sulle ceneri di quei due blocchi (Urss e Medioriente) la loro eterna rivendicazione nei confronti delle regioni più progredite d'Occidente.
L'ambizione era quella di un cambiamento radicale, di un riscatto morale/civile/economico nei riguardi delle angherie e delle brutture indicibili che avevano avuto sotto il regime dittatoriale dell'Est.
La forza e la potenza dell'impatto però sono state devastanti. La realizzazione di un piano strategico non c'è stato, e ha prodotto un'onda anomala che ha investito in pieno l'intero pianeta, andando a schiantarsi su certi strati sociali più deboli che avevano avuto la fortuna di tirare il collo dal giogo. Affrancati finalmente dal regime, talune popolazioni vedevano nella piena libertà dei paesi più sviluppati la svolta dalle loro condizioni di miseria e di sottosviluppo.
Ma come si può solo pensare che un esercito di esclusi, di diseredati, di poveri, non avvezzi al sistema produttivo industrializzato, non abituati a gestire da soli nemmeno il becco di un quattrino, culturalmente indietro di un cinquantennio, non autonomamente in grado di offrire nient'altro che la bocca per ingoiare, vissute all'ombra di un mausoleo leniniano/stalinista che li aveva prostrati e resi ectoplasmi, potessero inserirsi in uno strato sociale più civilizzato, più moderno, più solido economicamente e con una cultura lavorativa più all'avanguardia, più tecnicizzata potessero portarsi a pari con gli altri strati della società più avanzata?
Ogni processo umano avviene per stadi e per tempi, occorre un tirocinio, un periodo di adattamento, di trasformazione, di integrazione.
La globalizzazione poi avvenuta con una spinta propulsiva di accelerazione abnorme (da zero a dieci della scala sociale) è stata di 9 ha creato una faglia dalle dimensioni incalcolabili.
Il meccanismo di solidarietà, di umanizzazione, di pietà cristiana non ha retto, si è inceppato per l'arrivo a pioggia di una clandestinità, ma anche di una concezione del buonismo peloso fondamentalmente lassista, e poco avveduto di classi dirigenti che hanno intravisto lauti guadagni, da una circolazione senza dazi, ha provocato il disastro.
Ha sottoscritto, senza le dovute cautele selettive, un trattato di Schenkel che ha permesso a merci e persone di transitare liberamente su tutto il pianeta. Anche questo è un concetto fallimentare in partenza, come può, mi dico, passare un accordo che prevede rischi impensabili e sconvolgimenti imprevedibili in un sistema che fino al giorno prima aveva visto dazi per le merci e permessi, nullaosta e lasciapassare per gli uomini? Una selezione andava fatta. Ogni cambiamento, ogni azione umana ha bisogno di mettersi alla prova, di verificare se un certo congegno tenga, o salti tutto. Non si può essere fratelli a pari condizioni, di esseri umani (giusta la terminologia, ma non i risultati), che fino al giorno prima erano esclusi dal contesto di uno status di diritto, di uno status giuridico che ne prevedessero l'integrazione. Dove sta il buon senso, la logica di un processo di razionalizzazione del sistema produttivo, dove stanno le pari opportunità, dove e come entra in gioco un modello differenziato di ceti sociali, di etnie e di regole tanto diversificate: da una parte la ricchezza e dall'altra l'indigenza non può reggere nessuna possibilità di confronto.
Lì, si annida una pericolosa deriva che vede il mondo andare a rotoli, e la follia farsi pagina di storia, trasformazione della specie, sì, ma in regressione, in caduta libera, non in progresso e civilizzazione. Senza stato di diritto né regole e principi fondanti qualsiasi formula va in picchiata.Così, abbiamo assistito a una folla oceanica riversarsi su territori dove a stento si può vivacchiare, dove fino a decenni fa lo sviluppo e la sopravvivenza dei suoi abitanti erano basati sull'agricoltura, solo da qualche decennio si era trasformato in sistema industrializzato, quello che prima era demandato alle braccia dei lavoratori della terra, ma non aveva fatto in tempo a consolidarsi, a farsi prodotto interno lordo e diventare stabilmente ricchezza nazionale, si è dovuto adattare.
La produzione agricola che non poteva sfamare neppure i suoi abitanti si è dovuta presto moltiplicare come i pesci di Cana (da uno a un milione). Hanno un bel dire i benpensanti ad oltranza, nell'affermare l'idiozia: "occorre l'intervento di braccia di nuova emigrazione a produrre... braccia di nuova manovalanza a portare avanti le nostre imprese urlano" ma dove sono finite le ditte, le industrie per far lavorare braccia straniere? :l'edilizia, l'industria, il commercio hanno chiuso i battenti, il nostro paese ha ridotto organici, messi in cassaintegrazione con ammortizzatori sociali una stragrande maggioranza di disoccupati che domani saranno i nuovi poveri. Altro che non può fare a meno di manovalanza extracomunitaria?quella che si vede è in nero, nero come l'inferno.
Perciò l'affermazione dei mediocri è una fandonia epocale.
Ma vogliamo scherzare? o ci si fa beffa dell'intelligenza altrui? Se anche vi fosse stata necessità d'integrare con la manovalanza di flussi migratori la stenta economia del sistema Italia, ebbene ne sarebbero dovuti arrivare quel numero sufficiente a coprire il fabbisogno, non altri milioni di diseredati e di mani tese.
Se si vive in un monolocale non si può riempirlo, come se fosse un castello. Dove mangiano, dove risiedono, dove si agitano tutte queste anime in pena? nella greppia bassa, nel ventre molle di un paese altruista e benevolo, che vuole la giustizia per usi strumentali. Ora, riempiamo i nostri granai di povertà, dividiamo con gli altri...ecco il risultato. Sono saltati tutti i congegni, il meccanismo si rifiuta di proseguire, non funziona più il detto: "dove ce n'è per due, ce n'è per dieci". Non va così.
Per dare una degna ospitalità e tentare un'integrazione minima si ha necessità di usare il buon senso e la massima oculatezza. La riflessione di molti immigrati clandestini è infatti: "se è per fare la fame, tanto vale delinquere in Italia, dove la legge non esiste, e la giustizia non prevede la misura certa della pena" . Ecco cosa siamo diventati, lo zimbello del mondo, dove chiunque può mettere una tenda e pensare il giorno dopo di rapire, stuprare, violentare e farla franca. Ove manca il buon senno, mancherà anche la corripondente ragione che lo muove.
Una svolta in realtà è avvenuta, ma purtroppo in peggio. I paesi della fascia orientale hanno reagito con esodi massicci verso l'occidente, e le popolazioni legate al regime nazionalista dell'impero sovietico, non più sotto il giogo dell'imperialismo tirannico e sanguinario, si sono riversate sul mediterraneo e nei paesi a pieno sviluppo industriale: Francia, Germania, Spagna, dove però hanno trovato la situazione economicoa già logorata e inficiata dall'ondata di crisi che ha investito il mondo degli ultimi decenni.
Ora il precariato e la disoccupazione incombono come il peggior male del secolo, perché mettono sul lastrico ceti sociali che il sistema economico/industriale aveva creduto di far progredire.
Il fenomeno d'immigrazione ha aperto voragini sul capitalismo del mondo, ne ha mostrato i lati più fragili, ne ha individuato e messo a nudo la malvagità del pensiero umano, votato al suo utile , egocentrico, illimitatamente ingordo.
La temperie che è avvenuta in modo accelerato e senza freni ha spiazzato la stragrande maggioranza degli abitanti della terra, facendo mettere da parte regole, remore morali, e quant'altro. Non ci rendiamo conto che si parla di sopravvivenza sulla terra?, che l'esercito dei poveri avanza come un fiume che ormai ha scavalcato i livelli di guardia e andrà a tracimare dove nessuno ha mai sospettato?
Vi è una realtà oltre che non è sotto gli occhi di tutti, solo di quelli che riflettono e fanno delle indagini una costante di vita, un osservatorio perenne per tutte le carenze che quotidianamente si registrano nel mondo.
Il pianeta terra è impoverito, le risorse dei Grandi Potentati, delle Nazioni più ricche e attrezzate del pianeta, ad es. (vedi U.S.A.) è stato ridimensionato e reso debole. Chi ne poteva immaginare il crac economico? la caduta in verticale delle Borse Europee, la chiusura dei Colossi finanziari? la sperequazione e l'assottigliamento dei loro grandissimi granai? L'America prima della grande implosione appariva una Nazione invincibile, aveva un sistema di vita alto, un modello monetario fra i più solidi, risorse auree che apparivano inesauribili: è bastata una "bolla finanziaria" da magnetudo 8 a farla tremare e implodere come un pudding. Lo sconvolgimento ha provocato reazioni a catena, mettendo in luce una falla imprevedibile, di proporzioni planetarie. Nessuno prima avrebbe potuto sospettare che l'Impero economico delle Nazioni Unite potesse subire un assottigliamento delle risorse fino a far temere per la sopravvivenza di milioni di abitanti. Quando lo spettro della fame si fa perentorio e si avvertono i cicloni distruttivi anche in luoghi non sospetti, il terrore che prende certi strati di popolazioni si fa molto forte, s'identifica con la paura della fame primordiale, tale da sconvolgere tutti i meccanismi fin qui esistenti. Un altro grandissimo sbaglio è stato quello di costituire la Comunità Europea, prima che gli Stati Membri fossero tutti allineati allo stesso modello, allo stesso assetto giuridico istituzionale, alle stesse risorse economico/finanziarie, alle stesse modalità commerciali, culturali sciali, in ogni caso, senza essere in sintonia, avere in comune quelle affinità etniche, etico/religiose, socio/culturali, ed economiche che potessero reggere il passo in una linea unitaria d'intesa. Invece, ancora una volta si è messo il gatto nel sacco, prima di vedere se è morto. Oggi, quella negligenza, quella mancanza di visioni condivise, quella sorta di "unione fa la forza" non si sono rivelate le migliori soluzioni, i problemi si sono moltiplicati, la voragine si è aperta su un sistema globalizzato di riserve auree che non è inesauribile, soppiantando tutti gli altri principi e valori.
Si punta alla sopravvivenza. Ma come si può pensare a una sopravvivenza che modifichi i suoi assetti a discapito di larghe fasce di popolazione terrestre? L'Unione Internazionale Europea, diciamocela tutta, non è un sodalizio che porta vantaggi in egual misura, non è stata formulato a parità di condizioni, di mezzi e di risorse. E' nata sotto la spinta della necessità immediata di far fronte ai problemi esistenziali, ma ha già al suo attivo in pochi anni : la disoccupazione, lo spettro della fame e il declino di una civilizzazione che sta per subire un arresto epocale. C'è da augurarsi un ripensamento, una revisione dei meccanismi che ne hanno prodotto il danno, ma non accadrà in tempi brevi e il peggio è ancora in agguato.